Thursday, June 28, 2012

Col senno di poi

Cominciando da molto lontano, uno dei problemi più sentiti dai matematici privi di quella vocazione ascetica che permette un sincero disinteresse per le secolari questioni mondane, è la percezione ingenua, banale e quantomai triste che le persone matematicamente analfabete mostrano della Matematica.
Non è facile spiegare che non si tratta mica di fare calcoli tanto complicati coi numeri, e poi ancora più complicati.
Un problema non meno grave si ha per l'Informatica Teorica. Mentre la cultura massmediatica con un A beautiful mind e un carismatico Odifreddi ha un po' rivalutato il matematico, se non si parla di hacker (nell'immaginario: individui asociali e in simbiosi con monitor e tastiera), l'informatico è poco più che un amanuense che nella più creativa delle ipotesi fa la gioia dei videogiocatori; forse il bel Doodle di Google per il centenario del suicidio di Turing segnerà un aumento dell'attenzione sulla creatività che la mente umana ha saputo esprimere nel creare sistemi teorici quali la moderna Teoria della Complessità Computazionale, col mistero racchiuso tra P e NP e le impensabili dimostrazioni di NP-Completezza.
Ricordo il discorso d'apertura del corso di Fisica 1 il secondo anno della Triennale in Matematica, in cui l'adoratissimo professore esordì con un "Innanzitutto, perché bisogna studiare la Fisica? Perché, la Fisica, è stata fatta da voi, i Matematici!"
(E valeva per l'Ingegneria stessa in generale e quant'altro, in un'epoca che sembra essere stata allergica allo sguardo sdegnato che il nobile Algebrista o Geometra spesso sembra malcelare innanzi alle scienze più applicate, sporche di realtà in tutta la sua banalissima contingenza.)
Assolutamente non di meno va detto dell'informatica, da Boole e Babbage a Turing, Ulam e Newmann... e mentre Eulero sognava i matematici del futuro in grado di eseguire maestosi calcoli mentali, oggi su uno smartphone si ha la potenza di calcolo che fu sufficiente a portare un uomo sulla Luna. Tuttavia non mi sognerei di giustificare lo studio dell'informatica con motivazioni storiche, bensì mi pare meglio tenere in considerazione l'appena citato sogno euleriano: il computer fa i conti, e li fa benissimo. È STATO CREATO PER FARLI. È un'estensione naturale delle nostre facoltà mentali.
Ma la discriminazione che attorniò Newmann e il suo gruppo nel dare vita a questo miracolo della tecnologia, da parte dell'alta nobiltà matematica che non s'insozza di metter mano a vili "concretitudini", è ben lungi dall'essersi dileguata.

Da piccolo ero affascinato dalla tecnologia, e l'attrazione per la Matematica derivava dal vedervi la legge segreta che permetteva di far funzionare le cose. Quando mi iscrissi a Matematica, mi aspettavo che un po' tutti i colleghi avrebbero avuto un certo grado di nerdità. Ma come introdotto poc'anzi, l'atmosfera è in genere ben diversa, e il clima è più a base di gesso che di elettroni.
Nel percorso di studi, tutto sommato molto bello, ho dovuto sbattere la testa, senza troppo dispiacere, contro quattro bei corsi di fisica. Di informatica, solo... tre, ma anche meno.
Mentre ciascuno dei corsi di fisica ha saputo il fatto suo, lo stesso non può certo dirsi sul lato informatico. Il primo laboratorio di calcolo era ed è di tutto rispetto: obbliga a farsi una pennetta con una distro Linux e insegna il C con una qualità che, constato ora, è solo un sogno per il corso stesso della Triennale di Informatica; per il resto, il corso di Informatica è obbligato a indugiare su noiosaggini che non lasciano certo immaginare la teoria che potrebbe seguire se ci fosse più tempo, e il secondo laboratorio di calcolo non va oltre un po' d'analisi numerica.

Nel mentre, nei vari corsi d'analisi e non solo, ho dovuto fare il polso con integrali non proprio adorabili e, siccome però non smettevo di sporcarmi le mani con le binarie bassezze del mio netbook eeepc900, mi accorsi nel mentre che tutti quei conti, I COMPUTER LI SANNO FARE. Dicesi software per il calcolo simbolico. Ora, le calcolatrici sanno fare le moltiplicazioni e non è che per questo io non le debba saper fare, ma di certo mentre prima dell'esistenza di quest'ultime era non dispensabile una decente dimestichezza coi calcoli a due cifre se non più, ora saper fare 78x33 a mente non è la cosa più utile del mondo. Così, certo, fare gli integrali non fa male, ma se magari s'insegnasse anche a farli, in generale e senza sforzo, scrivendo due righe sul software giusto, non sarebbe male.

Ho iniziato a scrivere questo post con intenzioni ben più blande dell'affrontare l'ampio discorso in cui in cui sono incorso. Poco male, ma finalmente eccoci al perché delle chiacchiere.

I tempi corrono e la matematica italiana sembra un po' tanto arenata alla matematica che si sviluppo' in risposta alle esigenze della fisica (equazioni differenziali a go go), e non ho visto un sol corso di Combinatoria e Teoria dei Grafi che tanto spingono nel resto del mondo (o sbaglio?). I computer sono sempre più sul fronte della ricerca come strumento prediletto per l'indagine scientifica;
un matematico che si rispetti deve sapere, IMHO, scrivere con nonchalance un programmino che gli dia corpose risposte su questioni d'algebra, combinatorica, teoria delle categorie o checchessia, che computazionalmente la sua mente non può affrontare.

Ora, in risposta a tale posizione, o più sinceramente per mera passione personale, ho saltato da Matlab a Maple, da Maxina a Mathematica, da Scilab a Octave. Poi è arrivato Sage, ed era esattamente quello che cercavo: gratis, open, e fatto dai matematici per i matematici. Ma questa è tutta un'altra storia di cui parleremo più avanti. A chiudere, la promettente dichiarazione che il suo fondatore rilasciò in occasione di un articolo del 2009 sul ScienceDaily:

 "I really want it to be the best mathematical software in the world."

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